Tra natura, ferrovie dimenticate e cave. Ecco il parco Valle Lanza

Natura, ferrovie abbandonate e cave naturali. Come in un luogo disegnato da Caspar David Friedrich. Esiste un luogo in Lombardia tra le province di Varese e di Como in cui questi tre elementi convivono tra loro. È il parco Valle Lanza, un’area protetta di interesse sovracomunale (Plis), istituita dalla Regione Lombardia nel 2002, che vive “stretta” tra i fiumi Adda e Ticino.  nell’Olona. Il territorio è caratterizzato da zone umide, prati e boschi, costruzioni rurali, chiese ed edifici di interesse culturale e vecchie cave di pietra Molera.

Il territorio si sviluppa intorno al torrente Lanza, che attraversa tutto il parco dal confine con il Canton Ticino a nord-est fino all’immissione nell’Olona a sud-ovest, tagliando una stretta valle all’interno di un territorio prettamente collinare. Nella parte settentrionale spiccano i due principali rilievi, a Rodero il colle di San Maffeo (515 metri) e a Bizzarone il Colle dell’Assunta (533 metri), cui fa da contraltare il sistema dei monti Casnione e Morone (rispettivamente 492 metri e 498 metri) nella parte centro-meridionale. Con i suoi 850 ettari di estensione, il parco è suddiviso tra i comuni di Malnate, Bizzarone, Cagno, Valmorea e Rodero.

L’intero parco è “abitato” da piante protette e da diversi animali che popolano i corsi d’acqua e i boschi. Così nei sentieri potrete sentire i suoni della natura e potrete vedere fiori e pianti la cui raccolta è spesso regolamentata. Tuttavia il parco è diventato famoso grazie alle cave di molera. Sì, perchéf in dal tredicesimo secolo in quest’area gli abitanti della zona hanno iniziato a estrarre l’arenaria, la cosiddetta molera, sfruttando gli affioramenti sui fianchi della valle. Il tutto per costruire i mulini utilizzati per macinare il grano. Così per salvaguardare le cave, la Regione ha creato il sistema naturalistico delle cave di Molera di Malnate e Cagno, si tratta di un’area protetta creata per permettere la conservazione degli affioramenti di pietra arenaria e l’ecosistema sviluppatosi attorno ad essi.

Le grotte si sono formate 25 milioni di anni fa, ma il loro utilizzo in ambito architettonico è nel VIII secolo, quando il materiale è stato utilizzato per la costruzione delle mura di cinta di Castelseprio. La pietra di molera è stata usata nella vicina Castiglione Olona per l’edificazione e decorazione di numerosi palazzi e chiese e il suo uso si è esteso anche alle zone del comasco e del milanese. Gli scalpellini malnatesi erano particolarmente apprezzati e bravi nella lavorazione di elementi decorativi come stemmi, cornicioni, davanzali e cornici di porte e finestre. A livello industriale la pietra delle cave è stata usata nel corso dell’800  per la produzione di mole (da cui è poi derivato il nome molera). Il declino e la successiva chiusura delle cave è avvenuto nel corso del ‘900 quando sono stati scoperti diversi materiali più resistenti per la molatura e la costruzione.

La mola è stato inoltre usato per la costruzione di mulini. Fin dal XVI secolo sono stati costruiti numerosi mulini, che sfruttavano la forza motrice generata dalle acque dei fiumi Lanza e Olona. Quesi sono stati usati per la macinatura di grano e mais e la produzione di farina per pane e polenta. Le acque del Lanza, spesso tramite apposite rogge molinare, alimentavano la produzione del Mulino della Folla (l’attuale Mulino Bernasconi), situato alla Folla di Malnate e ancora attivo nella produzione di farina, il Mulino Maziotto, in comune di Cantello, le cui strutture sono andate perse nel tempo in seguito a diverse ristrutturazioni, il Mulino del Trotto a Cagno, in cui si mantengono ancora le antiche strutture seppur non siano più funzionanti.

Risalendo lungo l’asta fluviale, nella valle tra Valmorea e Rodero troviamo i Mulini Tibis e Bergum, sotto Rodero, e dalla parte opposta poche evidenze dei cosiddetti “Mulini di Sotto”, siti sulla Roggia Stretta, e “Mulini di Sopra”, situati sul Canale delle Fontane. Nell’area di Malnate, le acque dell’Olona alimentavano un piccolo “distretto” di mulini, Mulino delle Gere, Mulino delle Sette Mole e Mulino dei Ratti, che nel corso del 1800 hanno visto la trasformazione delle proprie antiche e originarie strutture in un distretto industriale per la filatura di seta e cotone, fiore all’occhiello dell’economia malnatese del IX secolo.

Tuttavia l’area tocca in più punti la vecchia ferrovia che collegava Castellanza e Mendrisio. La struttura è nata per soddisfare il bisogno di avere vie di comunicazione “veloci” capaci di collegare l’Italia e la Svizzera.  Tratta che tuttavia ha avuto uno stop durante il regime fascista, tanto che in località Santa Margherita, al confine con lo stato Svizzero ancora oggi si può vedere quello che i residenti della zona chiamano “Cancello di Mussolini”. Il cancello era stato infatti messo dal regime che voleva il monopolio assoluto dell’intera tratta.

A seguito dei costi eccessivi la società che gestiva i collegamenti ha deciso di dismettere l’intera tratta. Ma dopo 20 anni i cittadini della zona hanno sentito l’esigenza di fondare l’associazione Amici Ferrovia della Valmorea, che con il  Club San Gottardo svizzero ha iniziato a promuovere e collaborare per il risanamento e la riapertura della linea. Oggi la ferrovia ha solo valore turistico, sulle rotaie fino a qualche anno fa era possibile vedere un piccolo treno a vapore, il cui costo era tuttavia eccessivo. Da qui la decisione di dismettere anche il servizio di collegamento. Ma lo scorso luglio la Regione ha stanziano un milione di euro per riattivare la ferrovia della valmorea. Il progetto che oggi si pongono i volontari con la Provincia di Varese e la Regione Lombardia è quello di riaprire quanti più chilometri possibili della ferrovia.

La partenza è alla stazione di Malnate, da cui si procede verso nord fino a incrociare il cimitero, da cui parte una lunga scalinata che conduce al mulino Bernasconi. Il sentiero, inizialmente in asfalto, si trasforma quando entra nel bosco dove è consigliabile avere scarpe da trekking e pantaloni lunghi. Lungo il tragitto, in cui  avrete il torrente a sinistra, potrete godere del silenzio del bosco e delle bellezze naturali, come piante e fiori. A circa un chilometro e mezzo di cammino troverete le prime cave.

Dopo un altro chilometro troverete l’acquedotto e subito dopo il Mulino Trotto di Cagno che potrete visitare. Imboccate la pedonale nei boschi di Cagno, proseguite sul rio Renone e svoltate a destra, qui arriverete al laghetto Buzum, dove una passerella vi permetterà di non bagnarvi. Quindi troverete la ferrovia, seguitela e arriverete alla stazione di Rodero Valmorea. Un’area ormai abbandonata che tuttavia offre ombra, posti a sedere e acqua potabile. Proseguite lungo la ferrovia, oltrepassate il ponte e arriverete sulla strada provinciale. Attraversatela e proseguite lungo il sentiero che costeggia le rotaie.

A un certo punto vi troverete nella zona denominata “Boc di don perdù” (una piccola sorgente), o buco della strega, dove è possibile fermarsi per un pic-nic. Proseguite sempre direzione nord e vi troverete davanti il cancello di Mussolini. Qui il sentiero termina e dopo le foto di rito per aver oltrepassato il confine, potrete tornare indietro.

Il sentiero da fare è il numero 6 ed è quello di Fondovalle. Si tratta di un sentiero di circa 17 km, in cui il dislivello è di circa 250 metri per una pendenza del 12%.

 

 

4 pensieri su “Tra natura, ferrovie dimenticate e cave. Ecco il parco Valle Lanza

  1. Ciao Enrica, proprio questa Domenica ho in programma di visitare le cave con amici. Ho bisogno di una dritta. Come sei tornata indietro una volta raggiunto il cancello? 17 km sono parecchi e non credo che i miei amici abbiamo voglia di percorrerne 34!!! Dalla stazione di Malnate al Molino del Trotto quanto ci vuole? Grazie in anticipo se riuscirai a rispondere. La Susi

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