Storie di confini e di resilienza…

confiniDa piccola credevo che la vita fosse una questione di confini. Di limiti imposti per evitare di soffrire. Quei limiti messi e tolti a proprio piacimento, per permettere solo a poche persone di poterli attraversare. Credevo che mantenere i confini fosse il modo migliore per mantenere le distanze e vivere al sicuro dentro il guscio. O tra 4 specchi, o meglio ancora nella campana di vetro, osservando la vita dall’alto di un piedistallo. Amavo mettere limiti e disegnare linee invisibili per separarmi dalle persone.

Credevo che diventare intimi non fosse d’aiuto. Alzavo barriere così alte tra me e il resto del mondo che esisteva un obbligo: non far passare niente e nessuno. A volte tracciavo i confini sulla sabbia, forse perché non ero molto convinta, ma vivevo nel timore che fossero linee troppo fragili e pregavo che nessuno potesse attraversarle.

confini3Ho alzato barriere e tenuto tutti fuori. Ed ero io a decidere quando e con chi abbassarle. Un’usanza che mi porto dietro anche oggi. Ma con una visione diversa. Da piccola avevo paura di mostrare le mie debolezze. Per la verità anche oggi odio farlo. Odio mostrare le mie debolezze, ma non perché temo il giudizio degli altri. Perché temo il mio giudizio.

Poi a un certo punto è successo che ho preso una decisione: abbassare i confini. Perché diciamocela tutta, le barriere non fanno altro che soffocarci. Viviamo nell’illusione di vivere protetti, pensando che le cose brutte non potranno mai toccarci. Poi quando qualcosa accade, siamo il mondo ci crolla addosso. E il dolore ci soffoca. Oggi ripenso a un consiglio che una volta mi diede una persona che sono felice di non frequentare più, mi disse di alzare i finestrini. Nel momento del dolore massimo era la cosa migliore da fare, ma a lungo andare il dolore mi ha soffocata. In quel momento, con il groppo in gola, ho varcato i confini, confini che erano pericolosi da attraversare. Ma se in un primo momento ho sguazzato nella sofferenza così tanto da marcire come un acino di uva, poi ho capito che ne valeva la pena.

confini4Questo perché adesso odio tenere le barriere. Certo le alzo con le persone che non conosco, ma con le persone che mi amano e che adoro, i confini scendono mettendomi a nudo. E ho capito che la vita dall’altra parte delle barriere è spettacolare, perchè fatta di comprensione e di amore.

Oggi se guardo le mie debolezze vorrei distruggerle. E vorrei distruggere me stessa, ma so che non è possibile. E allora cerco di superarle. Ho semplicemente accettato di piangere quando mi va e ridere quando lo sento. Ho accettato di convivere con le mie debolezze, perché alla fine fanno parte di me e della mia esperienza di vita.

the wallMa questo l’ho capito grazie a una persona che in un periodo nella mia vita mi è stata vicina. Mi ha aiutato a trovare la strada e mi ha insegnato ad abbattere le barriere. Mi ha detto che sono una persona resiliente. Termine che non capivo e che ho immediatamente cercato sul vocabolario. “La resilienza è la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza alienare la propria identità. Sono persone resilienti quelle che, immerse in circostanze avverse, riescono, nonostante tutto e talvolta contro ogni previsione, a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla propria esistenza e perfino a raggiungere mete importanti”. La resilienza è la capacità di adattarsi a qualsiasi cambiamento, termine usato in fisica, arte, informatica, biologia e psicologia.

confini2“La persona resiliente reagisce con tolleranza alla sofferenza e, invece, di soccombere o lamentarsi con enfasi amplificando il problema, trae forza dalla sua impresa direzionando le sue energie verso cambiamenti risolutivi e praticabili. Le funzione dei meccanismi di resilienza (Rutter, 1987) sono: ridurre l’impatto del rischio; interrompere la catena di reazioni negative; contrastare i fattori di rischio: consolidando e mantenendo l’autostima e l’autoefficacia, aprire i soggetti a nuove opportunità, potenziare le risorse del soggetto”.

confini 5Fattori protettivi per la resilienza sono individuali e familiari. Tra i primi un buon temperamento, la sensibilità, l’autonomia, unita alla competenza sociale e comunicativa, e l’autocontrollo. I fattori protettivi familiari comprendono l’elevata attenzione riservata al bambino nel primo anno di vita, la qualità delle relazioni tra genitori, il sostegno alla madre nell’accudimento del piccolo, la coerenza nelle regole, il supporto di parenti e vicini di casa, o comunque di figure di riferimento affettivo. In definitiva, ciò che determina la qualità della resilienza è la qualità delle risorse personali e dei legami che si sono potuti creare prima e dopo l’evento traumatico”.

Nel momento in cui ho cancellato le linee di confine ho deciso di chiudere le relazioni che mi stavano prosciugando, e cancellato quello che non riusciva ad aiutarmi. Così ho abbassato i finestrini e mandato a quel paese un po’ di situazioni. Ma adesso se le barriere sono quasi giù, per quelle persone sono muri invalicabili. E da quella parte la realtà non è così spettacolare, anzi è un incubo travestito di finzione e falsità.

 

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