C’è una costante che accompagna la mia vita. Così come accompagna la scienza: il cambiamento. Direi che è il sale della mia vita, il motore propulsore delle scelte fatte e di quelle che non sono state fatte. Il cambiamento non è solo il voltare metaforicamente pagina e cambiare città, ma è anche decidere di non fare alcune scelte. Perché diciamocela tutta se è vero che ogni nostra azione ha una reazione che porta un cambiamento, seppur molto piccolo, anche le scelte che non facciamo provocano un cambiamento. Viviamo nella convinzione che tutto sia per sempre. Il sole, il mare, il cielo, gli affetti e l’amore. Una visione romantica che spesso è bello inseguire. Spesso, ma non sempre.
Trovo che sia innaturale una cosa: il fatto che le persone non cerchino di cambiare. Si aggrappano ai ricordi, alla visione di se stessi che cozza con la visione che hanno gli altri. Come se allo specchio non vedessero i difetti che costellano la loro personalità. Spesso queste persone si aggrappano alle cose, le idealizzano e sperano che cambino senza il minimo sforzo perché questo accada. Sono persone infelici che tuttavia non prendono l’iniziativa di cambiare la propria situazione perché è condizionata dalla sicurezza, dal conformismo, dal tradizionalismo. Persone che non rischiano, perché pensano di vivere nella pace dello spirito. E se fosse sbagliato? La pace dello spirito non si raggiunge forse rischiando? Non si raggiunge cercando la percentuale di cambiamento che è necessaria per dare una svolta alla propria vita?
La vita, quella vissuta, credo derivi dall’incontro e dal confronto. Dalle nuove esperienze. La vita e la gioia di vivere dipendono dall’avere un orizzonte in continuo mutamento. Il cambiamento è una costante. Ma quello che cambia è come lo si vive. Questo dipende da noi. Possiamo sentirlo come una morte o possiamo sentirlo come una seconda occasione di vita.
In tre anni tanti sono stati i cambiamenti. Tante le Enrica, diversi gli approcci alla vita. Se guardo indietro vedo un’Enrica diversa, la stessa Enrica che tuttavia scrive questo post. È come guardare la pellicola di un vecchio film, dove gli attori recitano una parte che tuttavia è stata interpretata diverse volte. L’Enrica di tre anni fa era forse più nervosa e spensierata. E quella di oggi? Me lo chiedo ogni giorno. Ogni istante della mia vita in cui il ricordo di mia madre invade i miei pensieri.
Non esiste nulla in grado di prepararci alla perdite. E questo mi ha cambiata. Come? Spesso sono ansiosa, di non ricevere una telefonata o un messaggio da parte delle persone a cui tengo. Odio il pensiero di dover prendere il cellulare per informare gli altri di eventi spiacevoli. Perché sono stata io a dare la notizia ai miei fratelli.
Appena è successo il solo pensiero di mia madre mi faceva stare male. In senso fisico, dolori allo stomaco e all’intestino, insonnia e dolore di testa. Questo fino a sei mesi dalla sua scomparsa. La morte di mia madre mi ha reso più forte. E mi ha fatto crescere. Ho fatto di tutto per onorare il suo ricordo, mi sono distrutta a cucinare e pulire e a essere forte. Il peso di quella responsabilità era enorme, ma ho capito perché ero stata scelta. Mi ha resa una persona più forte e per questo sono grata a mia madre.
Sono incazzata, perché penso alle cose che non potremo fare. Al fatto che non sarà con me quando mi sposerò e che i miei figli non la conosceranno. E sono sicura che l’avrebbero adorata. Per tanto tempo mi sono chiesta se pendere mia madre da bambina sarebbe stato più facile. A volte avere meno ricordi forse è meglio. Ma no, non in questo caso. Il ricordo, seppur doloroso, tiene vivo il pensiero di quello che è stato.
Divento acida quando sento lamentele continue verso le madri. Per quanto egoiste e poco sensibili possano essere, le madri ci sono. E quindi, vi prego, fatemi il favore non vi lamentate davanti a me delle piccole mancanze delle vostre mamme. In fondo anche voi ne combinate di tutti i colori. Nei primi momenti mi fidavo solo delle persone che avevno vissuto lo stesso lutto. Esclusivo? Forse. Ma le sole persone che possono capire cosa è successo, sono le stesse che l’hanno provato un mese, un anno, decine di anni fa. Con loro non c’è bisogno di fingere e di parlare. Loro conoscono il dolore e le parole che non è necessario dire.
Anche oggi so che la vita va avanti, e che il dolore con il passare del tempo è diminuito. Ma ancora adesso mi capita di inciampare. Cado. Davanti alla sua foto, o vedendo un suo video. Ancora oggi piango al solo pensiero di non aver cancellato il suo numero di telefono. E capita di provare un po’ di invidia, alla vista dei miei amici con le madri, o di perfetti sconosciuti in giro con le mamme o al telefono con loro. Invidia che si mescola alla rabbia, perché mia madre non è con me all’Ikea o al telefono quando scazzo per una cavolata sul lavoro. E i grandi eventi della mia vita non saranno gli stessi.
La sua morte mi ha cambiata. Ha cambiato il mio modo di vedere il mondo.
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