È riservato e al tempo stesso ospita alcune delle creazioni più anticonformiste degli architetti milanese. È il Quartiere Maggiolina, un’area ormai che ha finito di inglobare il Villaggio dei giornalisti, il quartiere della periferia nord-orientale di Milano.
A pochi passi dal centro si trova questo quartiere incastonato tra Villa Mirabelli, le case igloo di via Lepanto, e la palafitta ideata, progettata e costruita dall’architetto Luigi Figini, in via Perrone di San Martino. Un mix di stili che vanno dal funzionalismo di Le Corbusier all’architettura classica di Villa Mirabelli che oggi ospita associazioni e privati.
Il nome deriva dalla presenza di una vecchia cascina, Cascina Maggiolina, andata distrutta nel 1920. La struttura sorgeva lungo il Seveso, all’altezza dell’attuale via della Maggiolina. Secondo le tesi più accreditate sembra che il nome derivi dalla famiglia dei Maggiolini, antichi proprietari della cascina, setaioli arrivati in Lombardia dalla lontana Firenze. Ma secondo un’altra scuola di pensiero il nome deriverebbe dalla parola dialettale magiòster, che significa fragole. Probabilmente all’epoca nella cascina venivano coltivati questi frutti.
Alla fine della II Guerra mondiale, il nome è stato riutilizzato da un ristorante in via Torelli Viollier 28, e alla chiusura della struttura il nome è passato al nuovo complesso residenziale recintato che ha preso il nome di Villaggio Maggiolina.
Oggi il quartiere è residenziale, è costituito da villette a due piani e poco lontano si erge piazza Carbonari, che è sormontata dalle vie che collegano il quartiere con la circonvallazione esterna di Milano. Proprio da qui partiva verso nord-ovest il Villaggio dei Giornalisti, che oggi è stato interamente inglobato nel quartiere Maggiolina. Il nome del quartiere è stato coniato all’inizio del ‘900 a seguito dell’articolo di Mario Cerati sul Secolo in cui sottolineava che, da un punto di vista dell’edilizia popolare, non era stata fatto nulla per la piccola e media borghesia. È stato quindi lo stesso Cerati a costituire una società cooperativa che ha acquistato dei terreni per costruire abitazioni per i soci (principalmente pubblicisti, letterati, artisti, professionisti, industriali). È nato così il Villaggio dei Giornalisti, quartiere che si è distinto da subito per la sua estrosità riservata.
Dalla piazza verso sud si snodano due isolati dedicati al verde, per un’area di oltre 20mila metri quadrati: il Giardino Aldo Protti ed il Giardino Gregor Mendel, divisi da viale Nazario Sauro. Queste due aree sono state create sul vecchio sedime abbandonato della ferrovia per Monza.
Realizzata in tempi ormai lontani in aperta campagna, fra gli abitati di Greco e Niguarda, Villa Mirabello è stata inglobata nell’area urbana. Costruita nel XV secolo come casa di caccia e di delizia, la struttura è stata realizzata in stile rinascimentale lombardo, come dimostrano le tipiche finestre ogivali in cotto. All’interno, oltre al piccolo cortile c’è la cappella al cui interno sono conservate le tracce di affreschi antichi.
La villa è stata poi acquistata nel 1455 da Pigello Portinari, per poi cambiare diversi proprietari, fra cui i Landriani. Dal Settecento ha iniziato ad assumere le caratteristiche di un’azienda agricola. Il primo restauro è del 1916 venne a opera di Luigi Perrone, mentre l’ampliamento, voluto da Ambrogio Annoni, è del 1930. In quel periodo la villa è stata ampliata con una nuova costruzione. Con il passare degli anni ed elle proprietà è diventata la sede della Casa di lavoro e patronato per ciechi di guerra di Lombardia.
Le costruzioni più particolare di questa zona sono senza dubbio le case igloo. Si tratta di 8 strani edifici realizzati in cemento. Otto abitazioni stravaganti che, costruite nel 1946, hanno in qualche modo sostituito le vecchie costruzioni a fungo demolite
negli anni Sessanta.
Inizialmente erano 12, ma oggi ne rimangono 8. Questo grazie alle idee stravaganti di Mario Cavallè che negli anni ’40 era rimasto “folgorato” dal modello abitativo e dalla relativa tecnica di realizzazione dagli Stati Uniti. Le villette sono state costruite con un sistema a volta formato da mattoni forati disposti a losanghe convergenti, sistema che permette la massima libertà sulla disposizione degli spazi interni. Grazie a questa composizione, si possono ricavare ambienti indipendentemente dalla struttura portante, che è l’igloo stesso. La struttura, di circa 45 metri quadrati, si sviluppa su due livelli: quello esterno, al di sopra del piano stradale, e quello seminterrato, accessibile solo dall’esterno (o da una ristretta botola all’interno). Quest’ultimo, pur non avendo l’abitabilità, si presta ugualmente a innumerevoli usi. Il seminterrato riceve l’illuminazione da alcuni piccoli lucernai disposti all’altezza della strada.
Le case a fungo erano invece due e rispetto agli igloo, erano caratterizzate da due livelli sovrapposti. Uno più ristretto (il gambo) ed uno più ampio (la cappella) e sembravano ispirarsi alla Amanita Muscaria.
Nel corso degli anni trenta il giovane architetto Luigi Figini ha deciso avviare dei veri e propri esperimenti architettonici il cui risultato è stato inglobato nella casa palafitta della Maggiolina. Figini elabora prima il progetto, poi consegna la documentazione per l’edificazione di un villino familiare agli uffici del Comune di Milano. Era il 7 luglio del 1934, data in cui l’architetto ha ricevuto il nulla osta per la costruzione della struttura.
L’edificio, a pianta rettangolare, poggia su una serie regolare di pilastri, un’esile griglia a pilotis che rimanda agli insegnamenti di Le Corbusier, su modello delle case al Weissenhof di Stoccarda, del 1927 e della Ville Savoie a Poissy, del 1929.
La struttura portante è in cemento armato; il primo livello di abitazione è raggiungibile da una scala interna (in cemento armato), che inizia dal piano terra, parte integrante del giardino. Qui si trovano il soggiorno, aperto sul terrazzo, la cucina e una stanza da letto. Al piano superiore, di dimensioni ridotte, si trova la zona notte, con la camera da letto e il bagno, affacciati su due terrazze attrezzata l’una come palestra, l’altra dotata di vasca marmorea a pavimento. Le pareti dell’edificio, ad intonaco civile, sono tinteggiate di bianco; le murature delle terrazze, trattate al rustico, erano originariamente verdi. Le facciate hanno finestre a
nastro del primo piano, dotate di serramenti avvolgibili di colore verde.
Originariamente la casa era circondata da ampi spazi coltivati, del tutto inedificati: la città si limitava al nucleo originale del Villaggio dei Giornalisti. A partire dagli anni successivi tutta la zona verrà interessata da un’edificazione di carattere intensivo, che porterà a un’indistinta fusione del quartiere Maggiolina col Villaggio dei Giornalisti.