Alla scoperta di Chioggia, la “Piccola Venezia”

Vivace e variopinta, grazie alle imbarcazioni tipiche: i Bragozzi, Chioggia nel tempo ha conquistato decine di turisti arrivati nella zona per camminare tra le calle. Sì, perché questo comune del Veneto si affaccia sui canali, proprio come la sorella maggiore Venezia, così da guadagnare il soprannome di “piccola Venezia”. Chioggia raccoglie lo spirito e le atmosfere della Serenissima e del doge, grazie alla pescheria, al Corso del Popolo, alle numerose chiese e  musei, e a Piazza Vigo.

Legata alla storia e alle tradizioni, Chioggia ogni anno, nel terzo fine settimana di giugno organizza il Palio della Marciliana, rivisitazione storica ed una delle principali feste popolari cittadine che include il Torneo della balestra e richiama ogni anno nella città della laguna veneta migliaia di visitatori.

Così ogni anno tra i canali e le calle rivivono  rivisitazioni storiche, come la  guerra di Chioggia, combattuta per ottenere l’egemonia negli scali commerciali d’Oriente (vedi colonie genovesi), tra la Serenissima Repubblica di Venezia e la Repubblica di Genova.

È grazie alla valorizzazione del patrimonio artistico e culturale, che la località ha acquisito ufficialmente il riconoscimento di “città d’arte”.

Divisa dal mare da una lunga striscia di arenile, il lido di Sottomarina, che va dalla bocca di porto di San Felice alla foce del Brenta, la cittadina ha sempre incuriosito studiosi, viaggiatori e scrittori, al punto da considerarla un esempio classico e citatissimo di pianta urbana, sintesi incomparabile di morfologia naturale e di funzionalità rispetto al mestiere tipico, la pesca.

Le linee verticali della piazza e dei canali si intersecano con quelle orizzontali delle calli scandite con regolarità e in un ordine quasi perfetto a formare la classica “spina di pesce”. E’ un isola artificiale: da quando, alla metà del 1500, è stato infatti scavato il canale della Cava per ragioni di sicurezza militare della Repubblica Serenissima, del cui dogado risultava essere la seconda città. Dalla metà del 1700 ha ritrovato la sua naturale continuità con la terraferma attraverso un antico ponte a 43 arcate,  oggi ristrutturato e reso conforme alle moderne esigenze della mobilità, un luogo da cui è possibile ammirare straordinari tramonti di fuoco in laguna.

Partite dalla via principale: “Corso del Popolo” che taglia il centro storico da nord a sud. E’ il vero cuore della città ed è dotato di una doppia entrata: dall’acqua al molo di Vigo, dove si alza il maestoso ponte istoriato, vero balcone sulla laguna, e da terra attraverso la porta di Santa Maria, residuo di antiche mura medioevali. Una piazza-strada maestosa e “vissuta”, che misura 840 metri in lunghezza. Costituisce il cardo maximus del castrum romano. Una delle più vistose particolarità è costituita dalla serie continua dei portici sul lato di ponente. Nel tratto più settentrionale il tracciato si curva di circa cinque gradi, quel che basta per spezzare le raffiche dirette della bora. Curzio Malaparte la definì un unico “gran caffè” all’aperto. Luogo di animazione e socialità dà l’impressione che ogni giorno sia festa.

Appena entrati nella cittadina vi troverete davanti diversi esempi di Bargozzi, imbarcazione che nel tempo ha sostituito la tartana. Nella barca veniva lasciata una fascia bianca che serviva successivamente per dipingervi un angelo, una madonna o altro. Il varo è il momento della festa: la barca veniva addobbata e si mangiava e beveva tutto a carico del proprietario e non mancava il momento religioso ove un sacerdote benediva la nuova imbarcazione con l’acqua santa. Lungo 12 metri e mezzo, largo 3,15 e alto 1,05 metri il bargozzo aveva boccaporto centrale a proravia, uno a poppavia e un portello a prua. La vela è sempre stata il simbolo, l’emblema caratteristico e più appariscente del bragozzo chioggiotto, le vele dei bragozzi chioggiotti alla seconda metà dell’800 erano due per quelli di misura maggiore e una per quelli di misura minore. La dipintura delle vele era eseguita usando i colori più facili da recuperare ai quei tempi: l’ocra, il rosso mattone, il nero e a volte l’azzurro, il verde e il marrone: colore in polvere, che veniva sciolto in acqua di mare.

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