Alla scoperta del borgo fantasma di Amendolea

Il suo nome significa mandorla in greco e sorge “a metà strada tra la terra e il cielo”. Così il borgo fantasma di Amendolea, frazione del Comune di Condofuri in provincia di Reggio Calabria, osserva placido la vallata dell’Amendolea mentre a cinque chilometri fa capolino il mare Tirreno.

La fiumara, che nasce tra le gole e i dirupi dell’Aspromonte, si apre lungo i pendii fino a scavalcare le aree più scoscese della zona. Questa da alcuni studi  corrisponderebbe all’antico fiume Alece che segnava il confine tra i territori di Reggio e Locri.

E qui dove il tempo ha finito per avvolgere i resti dell’antico castello finito nelle mani della famiglia Ruffo di Calabria (nel 1624), il borgo sembra voler raccontare storie di dominazioni e di battaglie per il suo controllo.

L’origine di Amendolea si deve al popolo greco, anche se le prime notizie sulla sua esistenza risalgono all’XI secolo, quando la famiglia Amendolea prende possesso di queste terre. Da qui l’origine del nome che ancora si tramanda lungo la vallata. Poi è stato un susseguirsi di lotte di potere fra nobili famiglie locali. Tra cui appunto gli Amendolea e i Ruffo che hanno conservato il controllo fino al 1806.

Tuttavia la storia di Amendolea è legata indissolubilmente ai fatti di sangue che si sono consumati in questo territorio. Fatti che verificatisi durate il 1600 hanno visto come protagonisti i baglivi dei Ruffo, ovvero i fiduciari che amministravano il feudo usando violenza e abusi con l’aiuto di sgherri.

Con il tempo e la fine del feudalesimo l’area che un tempo era ricca così da controllare il sottostante territorio di Condofuri, Amendolea ha iniziato a impoverirsi e a reggere la propria economica esclusivamente su agricoltura e pastorizia. I motivi sono rintracciabili nell’inaccessibilità dei luoghi, la mancanza di strade, le scarse risorse relegarono l’economia locale alla pastorizia e all’agricoltura.

Il vecchio paese è stato poi danneggiato dal terremoto del 1908 ed è stato definitivamente abbandonato dopo l’alluvione del 1956.  Gli abitanti, come succede in diversi paesi della zona, si stabiliscono nella nuova frazione di Amendolea, ai piedi della montagna, lasciando sulla rocca i ruderi del loro vecchio paese.

Oggi dell’antico borgo sono rimasti pochi resti. Raggiungibile in auto da parcheggiare nel piccolo piazzale davanti la chiesa di Santa Caterina, il borgo offre una vista splendida sulla vallata dell’Amendolea. Qui a pochi passi dal comune famoso per le coltivazioni di bergamotto, si trovano la chiesa di San Sebastiano e  il suo campanile cuspidato, la chiesa di San Nicola, e la chiesa dell’Annunziata, circondata dai ruderi delle abitazioni private.

Del castello invece resistono le mura di perimetro, una torre e quella che un tempo doveva essere una cappella in cui i circa 300 abitanti del castello si recavano a pregare.

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