
La mia infanzia ha il sapore delle zuccarate. Dei biscotti friabili ricoperti di “ciuciulena”. Mia nonna, quando andavamo a trovarla a Reggio Calabria, me le faceva sempre trovare. E dato che ne mangiavo grosse quantità le nascondeva. Ma un giorno, spiandola dal buco della serratura, ho scoperto dove le teneva. E ora dopo ora, sono riuscita a finire tutti i biscotti. La bustona, con me in casa, durava sempre tre o quattro ore. Perché di nascosto aprivo la busta e prendevo un biscotto che mangiavo sul terrazzo di casa. E rimanevo lì incantata ad osservare il mare e lo Stretto.
Mia nonna teneva le zuccarate in una credenza, nella stanza dove oggi dormo e che ai tempi dell’università è diventata il mio rifugio. Ancora oggi, quando sono davanti al computer, mi sembra di sentire l’odore delle zuccarate, di percepire il loro sapore e rivivere quei momenti. Quando con la macchina carica entravamo in casa e nonna ci dava i biscotti. Quando dopo tre ore di viaggio dalle 4 di mattina entravamo assonnati in casa, felici di passare del tempo a Catona. È quella la casa fatta da mio nonno, la casa in cui ha vissuto mia madre e dove ho scoperto i diari e i quaderni di scuola di mamma. Erano nascosti in una busta, dentro una cassettiera in cui avevamo conservato le foto di famiglia.
Di quella credenza non è rimasto più niente. Solo il ricordo delle entrate di nascosto e del furto dei biscotti. Mi sono rimasti i giocattoli, le costruzioni e il peluche di un cane che avevo chiamato Felicia in onore del cucciolo che viveva nel cortile dietro casa. Oggi Felicia è stata sostituita da un pastore tedesco che felice di vedermi dal terrazzo abbaia e scodinzola.
Lo ammetto, sono una nomade sentimentale. Una di quelle persone che non riesce a mettere radici. Anzi, una di quelle persone che non ha proprio radici. La casa per me è la compagnia. E quella che ho adesso è favolosa. Ecco perché posso dire che Gabriele è la “mia casa”.
Eppure ho i ricordi della mia infanzia, delle giocate nel cortile di casa, degli inviti a casa della vicina, la dolcissima Rosa che ci regalava caramelle. E ho i ricordi dell’università, delle uscite tra amici, delle riunioni a casa e degli anni dell’attraversamento dello Stretto. Quanto ho viaggiato sul mare dello Stretto. Quante ore in mezzo all’acqua a leggere e scherzare con le colleghe universitarie. E quanti arancini ho mangiato. Tanto da stare male.
Eppure cinque anni fa sono scappata da Reggio. Sono andata via. D’altronde, sono una nomade sentimentale. E dopo tanti anni mi ritrovo qui, a riassaporare i gusti reggini e a sentire i profumi in riva allo Stretto. E oggi sento ancora le risate di mia nonna, le urla di mia madre quando rompevo porta fotografie e bicchieri, il profumo del mare e il sapore della pizza comprata nel chiosco sulla spiaggia. Quanto era buona. E quanto era grande, a volte quando la tenevo tra le mani pensavo che non sarei mai e poi mai riuscita a finirla. E puntualmente mi ricredevo.
Dopo cinque anni ritorno a “casa”. La casa della mia infanzia, la casa che più di altre mi ricorda chi sono, dove sono andata e dove andrò.
Simpatiche queste “rimembranze” anche io “scendendo” a SUD inevitabile sentire gli odori,aromi della zona e gli immancabili …arancini sul traghetto con l’aggiunta di una birra,NON eccellenti quegli arancini,sulla terraferma erano piu’ saporiti,ma…ritualmente SI DOVEVA PRENDERLI,!!! saluti
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non è per caso che hai la ricetta delle zuccarate? è un ricordo anche della mia “figghiolanza”
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Purtroppo no… mi spiace
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