“Ed è qualcosa da cui non puoi scappare. Il mare… Ma soprattutto: il mare chiama… Non smette mai, ti entra dentro, ce l’hai addosso, è te che vuole… Puoi anche far finta di niente, ma non serve. Continuerà a chiamarti… Senza spiegare nulla, senza dirti dove, ci sarà sempre un mare, che ti chiamerà”. Ha ragione Alessandro Baricco, il mare per chi è nato sentendo il suo odore, per chi l’ha sfiorato da bambino, entra dentro. Permea anima e corpo, marchia l’animo, così da rendere difficoltoso il distacco.
E il mare mi chiama. Ad alta voce, mi ricorda dove sono nata e il rapporto che ci lega. È difficile spiegare a chi è nato in montagna, il rapporto speciale che lega le persone “marinare” con lo stesso mare. Un rapporto che per me può essere racchiuso in due ricordi. Quello del primo e dell’ultimo bagno. Perché quando mi immergo in acqua per la prima volta, lo stress e la pesantezza della giornata si sciolgono lievemente, lasciando spazio a un particolare senso di quiete e libertà. A ogni bracciata il senso di libertà si amplifica ed è come se si possedesse l’intero mare. Ogni parte del corpo si perde per poi ritrovarsi, sempre tra le onde. Mentre il sole accarezza i capelli bagnati e rischiara i pensieri. Il primo bagno è l’inizio dell’estate, di una nuova stagione e l’inizio di un nuovo capitolo. Quello dell’abbandono delle scorie invernali e della necessità di portare con sé gli elementi importanti.
ppure quando penso al mare, non posso fare a meno di ricordare la sensazione dell’ultimo bagno. Un incontro infinito, almeno secondo la mia percezione. Vorrei infatti che il momento dell’incontro non finisse più, e vorrei restare in acqua per sempre. Ma quando le dita cominciano a diventare bianche come il latte, non mi resta che uscire. E l’acqua mi si attacca alla pelle, come se non volesse lasciarmi. E in questo momento ho l’impressione che una parte dell’anima si sia sciolta tra le onde. Se c’è una cosa che il mare insegna a noi “marinari” è vivere l’attimo. Si vive in base alle correnti, alle maree. Si segue il ritmo del sole e dello stesso mare.
Ecco il mare è questo, è un infinito abbraccio. E ha ragione Banana Yoshimoto a scrivere che “Nelle città senza mare… chissà a chi si rivolge la gente per ritrovare il proprio equilibrio… forse alla Luna”. Perché il mare porta equilibrio, concilia con il mondo. Quando lo stress sembra insormontabile, per noi “marinari” c’è un’unica cosa da fare. Incontrare il mare. Osservare le onde che si increspano sulla riva e perdersi nella sua immensità.
Adesso nella città della Madonnina conciliarsi con il mondo è complicato. Il mare è troppo distante. Ed è come stare in bilico, come un cittadino nato e cresciuto tra due città. Come quando ero in riva allo Stretto, dove le correnti si incontravano, ma soprattutto si scontravano. E con loro la sensazione di essere divisa. A metà. A 1200 chilometri dalla sabbia dorata, dall’acqua dello Ionio, l’idea di equilibrio cambia. Così come cambia la prospettiva e il punto di vista. La cosa più vicina al mare è allora un corso d’acqua. Un lago, dove potersi immergere e dove poter “affogare lo stress”.
Il primo bagno della stagione è stato a Stresa, dove il lago abbraccia due regioni, bagnando Piemonte e Lombardia. E il primo bagno in un lago è un’attesa. Lunga, lunghissima, come l’attesa che percuote l’animo prima del bacio, quando le mani iniziano a sudare e il cuore inizia a palpitare ansioso, per ricevere il tanto agognato bacio. E poi quando le labbra si sfiorano, un senso di pace e di libertà pervade anima e corpo.Come il primo bagno della stagione. In mare.