Tutto è iniziato il 20 aprile di tanti anni fa. Fata Morgana a fare da sottofondo musicale e due mani intrecciate, strette strette. Era il 2005, e Piero Pelù aveva iniziato a cantare uno dei successi più belli dei Litifiba. E noi orfani del gruppo, ci siamo stretti, capendo che la Fata Morgana non era mai stata tanto reale, quanto in quella calda serata di aprile.
Alla fine del concerto eravamo io e lui. Abbracciati e stretti. È iniziata così. Con mani intrecciate e sguardi sognanti la storia tra me e Gabriele, lui la mia casa, una delle persone che mi conosce meglio di chiunque altro. Quasi quanto Manu che dal solo tono della voce e dalla scritta su wazzup capisce cosa mi gira per la testa.
Una storia lunga e complicata la nostra. Rastrellata di insicurezze, incomprensioni, ma comunque La Storia. Perché se è vero che ci si innamora di poche persone, io di Gabriele sono sempre stata innamorata. Adoro il suo sorriso, il suo prendere le cose sempre in modo ottimistico. La sua dolcezza e la sua durezza. Perché riesce a tenermi testa, e per una che vuole sempre averla vinta, è veramente una fatica. Eppure Gabro riesce a farlo, riesce a scalfire ogni mio singolo angolo e addolcirlo. Come faccia proprio non saprei.
Si dice che se due persone sono destinate a stare insieme lo faranno. Forse è vero, quello che so è che le prime quattro cifre del numero di cellulare di Gabro sono la mia data di nascita. Ed è per questo che penso che forse siamo anime gemelle, le metà della mela o pezzi di puzzle che combaciano perfettamente perché è lì che devono stare. Non c’è bisogno di tagliare i pezzi o di spingerli con forza, perché loro corrispondono in un modo così perfetto che sembra quasi un gioco.
E ha ragione Lexi Herrick, blogger dell’Huffington Post, le relazioni sono come i puzzle. “A volte si fanno scelte sbagliate e si ripongono i pezzi nella scatola. Altri pezzi cadono sul pavimento e credi di averli persi per sempre. Altri ancora sembrano impossibili da trovare. Ma, a volte, si becca quel tassello che s’incastra alla perfezione, senza forzarlo. Semplicemente, prende il suo posto”.
A chiunque è capitato di perdere i pezzi, pensando fosse una tragedia perché il puzzle in questo modo sarebbe stato sempre incompleto. Perdere pezzi significa perdere una parte di se stessi. Lasciarsi cullare dal dolore fino a toccare il fondo. Come una storia finita male che ci ha lasciato il cuore in pezzi. Se inizialmente il dolore era insopportabile tanto da far perdere appetito e sonno, in un secondo momento si è arrivati a una conclusione: alla fine ogni pezzo può essere recuperato. Ma non sempre quello della storia, spesso quello si perde per sempre, ma il pezzo del cuore. E nel caso del puzzle si può ordinare alla casa produttrice.
Meno sofferenza porta invece l’idea dello sbaglio. Quante volte ci siamo impelagati in storie senza senso, e abbiamo avuto grande difficoltà a lasciarle andare. Perché diciamocela tutta conviene avere un obiettivo sentimentale da raggiungere, anche se la scelta della storia non è quella migliore per noi. Credo sia una questione di carattere, spesso l’idea di avere una persona ci fa stare meglio. Perché ci sentiamo soli, perché non possiamo fare a meno di avere una persona. Eppure quando arriviamo alla conclusione che quel pezzo di puzzle proprio non riusciva a combaciare abbiamo fatto la scelta migliore: metterlo nella scatola. Come le storie andate male.
E poi ci sono le storie difficili da trovare. Anzi le persone perfette per noi. Come i pezzi dei puzzle che non riusciamo proprio a trovare nella scatola. Forse per i colori molto simili, o forse per la forma che non riusciamo a vedere, fatto sta che questo accade anche nella vita reale. E nelle storie d’amore.
Ma quello che mi piace pensare è che esiste un pezzo di puzzle per ognuno. Il mio è stato inserito perfettamente, poi riposto nella scatola, ripreso e rimesso ancora una volta. Un pezzo che avevo deciso di dimenticare, ma che mi ricordava che qualcosa era rimasto incompleto e senza soluzione. Il pezzo è stato rimesso ancora nella scatola. Ma adesso il puzzle combacia, tutti i pezzi sono dove dovrebbero essere. Come se le tessere fossero sempre state lì, perché siamo due metà perfette, ci stimiamo e a prescindere di tutto quello che abbiamo affrontato e che dovremo ancora affrontare, e sappiamo che lo faremo insieme. Siamo una coppia di amici, capaci di divertirsi anche con poco e capaci di ridere e sorridere per ogni cosa. Possiamo congratularci l’un con l’altra quando riusciamo a fare qualcosa di importante. E non solo. Le nostre personalità così diverse, io pazza e istintiva e lui calmo e diplomatico, combaciano perfettamente. Nonostante i nostri colori politici non siano molto vicini, riusciamo a rispettarli e ad avere paradossalmente gli stessi valori: giustizia sociale e solidarietà. Anche se non abbiamo veri e propri disaccordi sulle questioni importanti siamo sempre pronti e aperti al confronto. Siamo sì una mela, unita e composta di due pezzi che combaciano perfettamente, ma riusciamo a conservare la nostra identità, i nostri interessi molto differenti. Ma nonostante tutto amiamo calarci nell’hobby dell’altro, andare allo stadio o a una mostra d’arte è la stessa cosa. Perché sappiamo che riusciremo a trovare un punto di vista diverso.
Amo le piccole cose del nostro rapporto, amo alzarmi la mattina e aspettare che esca il caffè. Adoro osservare Gabro mentre dorme e adoro cucinare con lui. Preparare l’ennesima porcata e pensare che non ci permetterà di girarci autonomamente nel letto. Adoro viaggiare in macchina senza le scarpe e ascoltare musica rock, mentre il vento entra in auto e ci scompiglia i capelli. Amo girare con la mia casa, la mia anima gemella che è anche l’anima gemella nei viaggi insieme a Manu.
Amo stare con Gabro, perché è come se fosse sempre stato così. Perché dove non arrivo c’è lui e viceversa, ma anche e soprattutto perché ci siamo entrambi.