Ebbene sì, sono uguale a mia madre. Ho la sua stessa risata, il suo modo di fumare e ridere delle piccole rotture di scatole. Me ne sono accorta l’altro giorno in macchina, di ritorno da una piccola gita. Gabro ha fatto una battuta e sono scoppiata a ridere. Con la sigaretta in mano e la risata da stanchezza tipica di mia madre. Ed è stato in quel momento, quando la cenere, come spesso accade, mi è caduta sulla mano producendo una meravigliosa bolla da scottatura, che ho capito di essere uguale a lei.
Gabriele dice che un giorno rientrando a casa dal lavoro mi troverà con la sigaretta in bocca e i capelli biondi e corti. Io credo non sia possibile, perché non solo detesto il biondo sulla mia testa, ma anche il taglio corto. Ma la sigaretta, quella no, non posso odiarla. Come mia madre. La ricordo sempre con la sigaretta stretta tra le dita, davanti l’obiettivo della macchina fotografica o davanti al pc, mentre aggiornava il suo blog. Come lei ho aperto un blog. Ma io non inserisco i lavori fatti a mano, no, non ne sono capace. Ma solo consigli di viaggio e post sui miei “viaggi personali”. Quelli intorno alla mia vita e alle persone che amo. E ovviamente quelli dedicati a lei. Al suo modo di prendersi gioco dei problemi di salute, alla sua rabbia che esplodeva improvvisamente. Ma anche alla sua risata. Pochi mesi dopo la sua morte, facendo pulizia nel pc, ho trovato i video che le facevamo quando alzava un po’ il gomito. Anzi il bicchiere, perché lei si ubriacava con poco, un bicchierino di birra o due sorsi di vino.
Non sapevo ancora che non c’è scatola o computer che tengano, oggetti che possano “tenere” i ricordi e l’essenza delle persone. Non sapevo ancora che ognuno tiene i propri genitori dentro, che li abbia conosciuti o meno, che siano vivi o morti. Loro sono dentro ogni persona, nel profondo. Perché i legami ci sorprendono sempre. A volte sono così impossibili da spiegare, ma sono indissolubili, perché ci uniscono. Anche quando sembra che i legami si debbano spezzare. Ma loro, i legami resistono, sfidando le distanze e il tempo. Sfidano la logica perché ci sono legami che sono destinati ad essere. Come quelli tra amici, tra fidanzati e tra madre e figlio.
Ma le somiglianze hanno una grande responsabilità, specialmente se sei stata figlia di una delle donne più amate del suo piccolo quartiere. Ogni persona si ricorda di lei, in farmacia o in bottega. Quando stavo a Reggio la gente mi vedeva e mi chiedeva sempre la stessa cosa: “Ma sei la figlia di Anna?”. Domanda che mi sono sentita fare e spesso e alla quale ho sempre risposto con orgoglio sì.
La somiglianza impone responsabilità, ovvero riuscire a tenere alta l’idea di somigliarle. Senza deludere gli altri, senza deludere lei, che ormai non c’è più, e te stessa. O almeno così ho pensato per un sacco di tempo. Lei, nonostante i numerosi difetti, sembrava irraggiungibile. Ci siamo fatte la guerra, ci siamo scontrate ma non perché non ci sopportavamo, ma perché eravamo troppo simili, forti e orgogliose da ammetterlo. Da piccola quando mi dicevano che ero la sua copia sputata, mi innervosivo. Volevo essere solo me stessa. Con i miei piccoli occhi, i miei capelli, anche se fini e rovinati. Poi quando è venuta a mancare ho capito che avrei voluto essere come lei. E non sapevo ancora che ero come lei.
Mi sono sempre chiesta come fosse possibile somigliare tanto a una persona. Fin da piccola ho cercato le risposte. Ma non le ho trovato. Strana cosa le domande e le risposte. A volte le risposte che cerchiamo sono nascoste appena sotto la superficie. Altre volte le troviamo senza renderci nemmeno conto di aver fatto una domanda, e altre volte ancora la risposta può prenderci completamente alla sprovvista. Ma quando riusciamo finalmente a trovare la risposta che inseguivamo, ci rendiamo conto che le domande che restano sono sempre troppe. Come quelle sulla morte e sulla vita.
Ma quello che rimane è il ricordo. Spesso è nelle fotografie, nei libri letti e nei film visti, come I pondi di Madison Caounty, Mamma mia e tanti altri. Oppure soltanto nelle somiglianze. Nel modo di cucinare, nel modo di ridere o di semplicemente di essere simili ai propri genitori. Ed è nel momento in cui ci si accorge di avere quella somiglianza che si arriva a una conclusione: non importa da quanto tempo siano andati via, non importa conoscere i motivi e sentire la loro mancanza ogni giorno, quello che importa è che loro, sono dentro ognuno di noi. E noi ne siamo la prova.