E la vita virtuale…

13045602_10209538397721288_1673569041_nViviamo in un mondo in cui passiamo più tempo a contare i like ricevuti su Facebook piuttosto che passare del tempo con gli amici reali a prendere un caffè o bere una birra. Se Humphrey Bogart fosse ancora vivo esclamerebbe “è la tecnologia, bellezza”. Parafrasando la frese del film L’ultima minaccia di Richard Brooks. Ebbene sì, siamo nell’epoca dei social network e dei like su Facebook, nell’epoca dell’adesione a qualsiasi movimento nato per esprimere il proprio disappunto davanti la tastiera di un computer e un monitor freddo. Viviamo nell’era del villaggio globale vissuto sui social network in cui ogni singola persona si arroga il diritto di esprimere la propria opinione senza tenere in considerazione il fatto che qualsiasi esclamazione potrebbe essere offensiva.

Foto di Giuliano Monterosso
Foto di Giuliano Monterosso

E viviamo anche nell’epoca in cui ci siamo fatti convincere che gli studi americani, inglesi, australiani possano in qualche modo spiegare il nostro senso di frustrazione. Sì, perché attraverso i numerosi link di studi pseudo scientifici cerchiamo di spiegare a noi stessi che se siamo ordinati o molto disordinati siamo più intelligenti degli altri. Crediamo che se ci alziamo preso la mattina o andiamo a dormire molto tardi il nostro quoziente intellettivo sia più alto di ogni altra singola persona. E poi siamo dotati di intelligenza sopraffina se siamo single. Peccato che chi invece ha una relazione stabile, facendosi forte dell’ultimo studio dell’Università di vattelapesca, credi di essere vicino al premio Nobel per la fisica o la chimica.

Insomma ci siamo fatti inghiottire dalle cavolate che girano nei social network e ci siamo convinti che tutto quello che leggiamo e apriamo siano dogmi da accettare acriticamente, capaci di spiegare le nostre mancanze e i nostri difetti. Perché tutto viene vissuto nella vita virtuale?

13014891_10209503280043368_1880623345_nForse. Senza dubbio i social network hanno la loro bellezza, quella cioè di mettere in contatto persone attraverso contenuti e immagini. Il virtuale ci consente di condividere pezzi di storia e di vita. Ma può bastare? E l’amicizia è rientrata nel circolo vizioso della tecnologia, quando infatti una persona non ci piace o ha fatto qualcosa di così terribile “terribile” da eliminarlo dai nostri pensieri, decidiamo di bloccarlo sui social o su whatsapp e facciamo finta che con il blocco virtuale la persona non esista. L’amicizia in questa era e per un gruppo di persone è diventata più fragile e più fast. Ovvero può essere instaurata così facilmente quanto uno schiocco di dita. E distrutta così velocemente da non lasciare alcuna traccia. Quasi quanto la nostra abitudine di cambiare scarpe. Rileghiamo la nostra vita nello spazio virtuale senza tenere conto che fuori dallo schermo esiste una vita.

13020267_10209494491983672_1986152280_nMa proprio in questa epoca veloce e smangiucchiata in un battito di ciglia, la soluzione è forse prendere tempo. Per evitare di perdere di vista quello che conta. Come le relazioni e le amicizie. Spesso la vita non è fatta per tenere sulla propria strada le amicizie.  Ci permettiamo di volere bene a un gruppo di persone che con il tempo diventa sempre più esiguo. Temiamo di perderlo lungo la strada, perché sappiamo che lungo il cammino c’è una linea invisibile che determinerà che è dentro e chi è fuori. Ma nella maggior parte dei casi tendiamo a spostare nel tempo quella linea.  Ma nel momento in cui troviamo una persona di platino, non la lasciamo andare. Qualsiasi cosa accada. E forse dovremmo farlo anche con la vita reale. Dovremmo cioè evitare di viverla in modo virtuale e concentrarci sulle cose importanti della nostra esistenza. Social permettendo.

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