
Credit: Museo Internazionale della Memoria di Ferramonti di Tarsia e Comune di Tarsia
Il filo spinato è sparito, così come parte degli edifici con le loro 92 camerate. Ma rimangono sei strutture, cinque all’interno e una all’esterno e la memoria storica di quello che è stato il Campo di internamento di Ferramonti.
Così a Tarsia, in un’area di 160mila metri quadrati bonificati e destinati all’internamento degli ebrei, degli antifascisti italiani e stranieri, dei gruppi cinesi e dei profughi politici, sono transitate oltre 3mila persone, di cui circa 2.700 in modo permanente. La struttura calabrese è stata l’unico esempio di campo di internamento costruito dal governo fascista a seguito delle leggi razziali ed è il più grande campo italiano.

Oggi dell’orrore dell’internamento rimangono documenti, fotografie e i racconti dei volontari che accompagnano scuole e cittadini durante la visita, anche grazie all’istituzione nel 2004 del Museo della memoria di Ferramonti di Tarsia e il Parco letterario Ernest Bernhard, fortemente voluti dall’amministrazione comunale di Tarsia. Il Museo è nato per conservare il ricordo e la memoria dell’area e della sua storia, e per diffondere il patrimonio storico del campo.
Le sale si trovano nell’area che era riservata all’amministrazione del campo e qui è possibile visitare la sala del plastico, in cui troneggia il modello dell’area realizzato in legno. Intorno al plastico si trovano documenti e fotografie, posizionati per ripercorrere la storia della costruzione del campo, le abitudini, e i documenti relativi alle leggi razziali promulgate nel 1938.

Credit: Museo Internazionale della Memoria di Ferramonti di Tarsia e Comune di Tarsia
All’interno è possibile fare un viaggio nel tempo, grazie alla ricostruzione delle camerate in cui i letti precari mostrano gli spazi dell’epoca. E ancora, un’altra stanza custodisce le lettere, mentre un’altra è colma di libri: è la sala biblioteca. Una stanza è invece “impregnata” dei ricordi e delle testimonianze di chi qui ha vissuto una parte della sua esistenza. Grazie alle fotografie presenti è possibile “conoscere” le persone che qui hanno abitato. Accanto a queste testimonianze, si trovano quelle dei parenti di chi è passato da Ferramonti.

Credit: Museo Internazionale della Memoria di Ferramonti di Tarsia e Comune di Tarsia
Oggi sono solo sei gli edifici rimasti, a fronte dei 92 realizzati che erano dotati di latrine, cucine e lavabi comuni. Le strutture si sono perse nel tempo, dopo l’avvio dei lavori dell’autostrada che qui a Tarsia taglia in due l’intera area. Così tra i tetti in tegole e i muri in cemento è possibile fare un salto nella storia e nella memoria. Per ricordare quello che è stato il campo.
Ferramonti è stato aperto nel 1940, ed è stato chiuso dopo la Liberazione dell’8 settembre del 1943, quando dopo un breve periodo sotto la gestione dalla comunità ebraica, è stato chiuso alla fine della Seconda guerra mondiale. L’area è stata chiusa definitivamente l’undici dicembre del 1945. Da un punto di vista cronologico, Ferramonti è il primo campo di concentramento per ebrei ad essere liberato, ma è anche l’ultimo ad essere formalmente chiuso.

Come emerge dai documenti rimasti a Ferramonti, nel campo nessuno ha indossato i pigiami a righe e nessuno è morto. Le famiglie hanno vissuto insieme, i bambini hanno studiato, diverse coppie si sono unite in matrimonio, sono stati organizzati momenti culturali e sportivi, anche per mitigare le difficoltà dovute alla presenza della malaria e alla scarsità di cibo.
Inoltre qui la comunità ebraica si è organizzata, tanto da costituire una sorta di parlamento interno con i rappresentanti nominati dalle diverse baracche. Sono state diverse le visite al campo da parte dei rappresentanti della religione ebraica in Italia.

Proprio per la sua organizzazione sociale il Jerusalem Post ha definito il campo come “un paradiso inaspettato”, mentre lo storico ebraico Steinberg ha parlato “the largest kibbutz on the European continent”.
Ogni anno, in occasione della Giornata della memoria, che si svolge il 27 gennaio dopo l’approvazione della risoluzione 60/7 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1º novembre 2005, il Museo della memoria organizza eventi e manifestazione. Ma quest’anno a causa dell’emergenza coronavirus, la direzione ha promosso l’evento “Ferramonti, il lager, la speranza, la salvezza: la dimensione europea del Campo di Ferramonti” in modalità streaming.
A Tarsia gli ebrei sono stati internati, ma non uccisi o deportati. Al suo interno la vita non è stata facile, ma è stata lontanissima dall’esistenza vissuta dagli ebrei imprigionati nei campi di concentramento tedeschi. È stato un luogo di prigionia, ma non di violenza né di coercizione, dove le persone hanno sopravvissuto senza preoccuparsi di essere deportati.
Ps. Grazie, grazie, grazie per la disponibilità al Museo Internazionale della Memoria di Ferramonti di Tarsia e Comune di Tarsia, il Comune di Tarsia, e Simona Celiberti.
Alcune foto sono di A. M.