Un milione e 500mila abitanti e non sentirli. Perché l’ex capitale del Giappone, Kyoto ribattezzata “la città dei templi” conserva gelosamente cultura e tradizione. La città è considerata il più grande reliquiario della cultura giapponese, e per questo è stata inserita nei siti protetti dall’UNESCO. È una sede universitaria di importanza nazionale e centro culturale di livello mondiale.
Kyoto è famosa per i Giardini zen che, annessi ai templi, costituiscono un raffinatissimo abbellimento estetico, ma anche uno stimolo per la meditazione. Sono costituiti entro spazi abbastanza ridotti nei quali viene riprodotto un paesaggio, utilizzando ghiaia, pietre, muschio e piante.
Ma è anche famosa per i ryokan, gli alberghi tipici in cui è possibile dormire sul tatami e nel futon. Il nostro era a circa un chilometro dalla stazione centrale. Comodo, comodissimo il futon, che vuol dire letteralmente “materasso arrotolato“. È il materasso tradizionale della cultura giapponese, interamente in cotone, rigido, sottile e arrotolabile.
Il nostro primo giorno a Kyoto si è aperto con la “scalata” per il Santuario di Fushimi Inari-taisha, il principale tempio dedicato al kami Inari. Il santuario si trova alla base di una montagna chiamata anch’essa Inari, che è a 233 metri dal livello del mare e che comprende diversi sentieri verso altri santuari minori. Dai tempi antichi in Giappone Inari è sempre stato visto come il patrono degli affari, e sia commercianti che artigiani tradizionalmente venerano Inari. In primo luogo, tuttavia, Inari è il dio del riso. Ognuno dei torii al Fushimi Inari-taisha è stato donato da un’azienda giapponese. Arrivati a metà strada, ci siamo fermati su un belvedere a osservare il tramonto e la luce calda del sole che illuminava i torii arancioni.
Dopo i postumi della febbre, uno dei tanti fuori programma del viaggio, il secondo giorno siamo andati a vedere il castello di Himeji, è un edificio a scopo militare che si trova a Himeji, nella prefettura di Hyōgo. Si tratta di una delle più vecchie strutture del periodo Sengoku che siano giunte fino a noi e dal 1993 è stato inserito nell’elenco dei Patrimoni dell’umanità dell’UNESCO. Insieme ai castelli di Kumamoto e Matsumoto fa parte dei cosiddetti Tre castelli giapponesi, oltre ad essere il più visitato dai turisti. Il castello di Himeji è a volte conosciuto col nome di Hakurojō o Shirasagijō, cioè airone bianco, a causa del suo aspetto esteriore di un colore bianco brillante.Il castello è un tipico , che contiene molte delle strutture architettoniche e difensive presenti in questo tipo di strutture. Le , i muri bianchissimi e l’organizzazione e disposizione degli edifici all’interno del complesso sono un elemento standard di ogni tipico castello giapponese, come anche le postazioni dell’artiglieria e i fori per il lancio di pietre contro il nemico. Il maschio, la struttura centrale del complesso, venne eretto nel 1601. , e probabilmente più famosa, . Le porte d’accesso, i bastioni e le mura esterne sono state costruite in modo da condurre le forze nemiche che volessero avvicinarsi al castello in un percorso a spirale, con numerosi vicoli ciechi, permettendo ai difensori di tenere sotto tiro gli attaccanti per tutto il periodo del loro tentativo di avvicinamento. Il castello non è comunque mai stato attaccato in questo modo, quindi il sistema difensivo non ha potuto dare prova della sua efficacia.
Il castello è un tipico esempio di castello giapponese, che contiene molte delle strutture architettoniche e difensive presenti in questo tipo di strutture. Le alte fondazioni in pietra, i muri bianchissimi e l’organizzazione e disposizione degli edifici all’interno del complesso sono un elemento standard di ogni tipico castello giapponese, come anche le postazioni dell’artiglieria e i fori per il lancio di pietre contro il nemico. Il maschio, la struttura centrale del complesso, venne eretto nel 1601. La più importante, e probabilmente più famosa, struttura difensiva del castello di Himeji è costituita dal dedalo di stradine che conduce al maschio centrale. Le porte d’accesso, i bastioni e le mura esterne sono state costruite in modo da condurre le forze nemiche che volessero avvicinarsi al castello in un percorso a spirale, con numerosi vicoli ciechi, permettendo ai difensori di tenere sotto tiro gli attaccanti per tutto il periodo del loro tentativo di avvicinamento. Il castello non è comunque mai stato attaccato in questo modo, quindi il sistema difensivo non ha potuto dare prova della sua efficacia.
Niente in confronto alla camminata sul ponte di Akashi-Kaikyō, il ponte sospeso più lungo del mondo. Alto 282,8 m e lungo 3 911 metri, unisce la città di Kobe sull’isola di Honshū all’isola Awaji. La sua campata principale è lunga ben 1 991 metri. Armati di caschetto, abbiamo dapprima ascoltato la lezione sulla costruzione della struttura, poi abbiamo iniziato la visita. Novecento metri sulle grate a picco sul mare, e poi la salita sul pilone alto 927 metri. Poi ci siamo diretti a Kobe, per incontrare Salvatore, Hanae e il piccolo Leo. L’obiettivo era uno solo: mangiare il manzo di Kobe. Ottanta euro a cranio per assaggiare appena 100 grammi di carne. Ma ne è valsa la pena, i pezzi si scioglievano letteralmente in bocca. Poi un giro sul lungomare di Kobe, da dove abbiamo sentito il profumo dell’oceano.
Il terzo giorno, armati di zaini e macchine fotografiche, ci siamo diretti verso il giardino più conosciuto di Kyoto, quello del tempio Ryoan-ji, dove in uno spazio di soli trecento metri quadrati è racchiuso un paesaggio formato da ghiaia su cui sono posate 14 pietre di varia forma. Leggenda vuole che la quindicesima pietra possa essere vista dopo la meditazione. Il giardino, detto kare sansui (giardino secco) rappresenta, secondo alcuni, la superficie del mare costellata di isole, oppure una distesa di nuvole o di nebbia dalla quale spuntano delle montagne. La superficie della ghiaia è periodicamente rastrellata e quindi percorsa da linee parallele dritte o curve che rendono l’insieme particolarmente equilibrato, oltre a dare il senso dell’impermanenza. Quindi non è un’opera d’arte fissa ma mutevole, così come è mutevole la realtà.
Le 14 pietre sono posizionate in modo che da qualsiasi punto si guardi il giardino non si possano vedere tutte, cioè qualcuna rimane nascosta, a simboleggiare il fatto che la realtà, per quanto la si scruti, rimane sempre in parte nascosta.
Altri giardini utilizzano sfondi di vegetazione che servono ad ampliare la profondità, dando l’illusione di una distanza che non c’è. Oppure utilizzano distese di muschio di vari tipi. Alcuni scorci sono di una perfezione assoluta che fa dimenticare l’estrema esiguità degli spazi. Anche la ricerca e la selezione delle rocce sono state compiute con grande pazienza e con grande cura. La tecnica per la creazione di questi giardini raggiunse il suo apice nel corso del XVI secolo, cioè nella stessa epoca in cui vennero codificate le regole della cerimonia del tè (cha no yu) e presero forma definitiva molte altre espressioni culinarie.
Ci siamo diretti verso il Kinkaku-ji o Tempio del padiglione d’oro (più spesso semplicemente “Padiglione d’oro”) è il reliquario di Rokuon-ji. Sotterranei a parte, l’intero padiglione è ricoperto di foglie d’oro puro. Per questo motivo l’edificio è spesso paragonato al Ginkaku-ji, il Tempio del padiglione d’argento, anch’esso situato a Kyoto. La pagoda, composta di tre piani, ha funzione di shariden e contiene delle reliquie del Buddha. Il Rokuon-ji, il tempio in sé, presenta varie strutture oltre allo scintillante Kinkaku-ji, come i lussurregianti giardini e uno stagno a specchio (Kyōko-chi) che accentuano il lato Zen del luogo.
La giornata è continuata con il Maiko tour che ci ha portato prima in un giardino zen nel quartiere di Gion dove abbiamo consumato la tipica cena di Kyoto, poi in un teatro dove abbiamo visto gli spettacoli delle maiko, dalla cerimonia del thè, alla composizione florale per poi passare al concerto di lira giapponese, e alla danza.
Il quarto giorno ci siamo diretti a Nara per vedere la statua più grande al mondo del Buddha. Il Tōdai-ji, letteralmente Grande tempio orientale) è uno dei monumenti più importanti della città di Nara, antica capitale del Giappone dal 710 al 794. Include capolavori architettonici che sono considerati Tesoro Nazionale. Al suo interno vi sono: la Great Buddha Hall, con un frontale alto cinquantasette metri e profondo cinquanta; il Vairocana Buddha (conosciuto semplicemente come Daibutsu) una statua del Buddha alta quattordici metri e la Octagonal Lantern alta quasi cinque metri. Nel cortile del tempio, i cervi pascolano liberamente tra i chioschi e i negozi di souvenir perché considerati messaggeri divini nella religione Shinto. Prima di arrivare al Tōdai–ji abbiamo attraversato il complesso del Kōfuku-ji, dove tra una pagoda e un tempio abbiamo giocato con i cervi.
La sera direzione Kobe per mangiare la pizza e vedere il ponte di Akashi-Kaikyō di notte.
Il quinto giorno siamo stati a Hiroshima. Completamente ricostruita dopo l’esplosione atomica, la città ha l’attenzione turistica puntata nel Memorial Park, dove è stato costruito il Memoriale della pace di Hiroshima, ricco di oggetti, foto, plastici, filmati del prima e del dopo bomba. Sulla spianata davanti a questo è il Cenotafh for the A-bomb Victims che conserva al suo interno i registri con i nomi delle vittime della bomba (quelle immediate e quelle che sono seguite nel corso degli anni). La prospettiva segue la fiamma che arderà finché nessuna bomba atomica resterà sul pianeta, per arrivare, sull’altra riva del fiume Kyobashi-gawa, fino al rudere della Camera di promozione industriale di Hiroshima, denominato A-bomb Dome, recentemente restaurato e consolidato nella struttura distrutta dall’esplosione. Con i resti della cupola che perse le lastre di bronzo al momento dell’esplosione, è forse questa l’immagine più conosciuta della città. Altri monumenti alle vittime si susseguono sulla spianata davanti al Museo della Pace di Hiroshima.
Il 6 agosto 1945 l’esplosione nucleare è avvenuta a pochissima distanza dall’edificio (l’ipocentro era situato a soli 150 metri), che è stata la struttura più vicina fra quelle che hanno resistito alla bomba. Questa costruzione è rimasta nello stesso stato in cui si trovava subito dopo l’attacco atomico, e viene oggi utilizzata come un monito a favore dell’eliminazione di ogni arsenale nucleare e un simbolo di speranza e pace.
“L’isola in cui convivono uomini e dei” è un luogo sacro da quando vi è stati costruito il santuario di Itsukushima nel 593 d.C. (ma gli edifici risalgono al XII secolo). Questo santuario, dedicato alla dea custode dei mari, ha la caratteristica di essere stato costruito in parte nel mare, con edifici su palafitte e un torii a poche decine di metri al largo. I magnifici scenari, le bellissime spiagge e i sentieri per escursioni rendono l’isola una meta ideale per l’estate. Ma l’isola conserva il suo fascino anche in autunno, con gli aceri dai colori fiammeggianti o in primavera con i ciliegi in fiore. L’isola di Miyajima è stata inserita nell’elenco dei Patrimoni dell’umanità dell’UNESCO. Al suo ingresso c’è la porta di Ootorii, il simbolo di Miyajima. Il torii è costruito in legno di canfora verniciato di color rosso vermiglio. I pilastri principali sono alti circa 17 metri e hanno una circonferenza di 10 metri. Nonostante sembri saldamente piantato nel terreno, si erge solo grazie al proprio peso sulla sabbia. Il torii si trova in mare, a 200 metri dal santuario e, con la bassa marea, è possibile accedervi a piedi.
Il complesso è composto dal santuario principale e da diversi santuari secondari ed altri edifici collegati l’uno all’altro da vasti pontoni e corridoi. Ogni lato del complesso si estende sul mare e, con l’alta marea, l’edificio sembra galleggiare sull’acqua. Il santuario principale, l’heiden (padiglione delle offerte), l’haiden (padiglione delle cerimonie), l’haraiden (padiglione della purificazione) e i corridoi sono patrimoni nazionali. Vicino al complesso c’è la Pagoda di Goju-no a cinque piani, alta 27 metri e costruita nel 1407, combina armoniosamente l’architettura giapponese dell’epoca con quella della dinastia Tang in Cina.
Il sesto giorno si è aperto con la visita al kiyomizudera o kiyomizu-dera, una serie di templi buddhisti giapponesi, ma in particolare al tempio di Otowasan Kiyomizudera. È uno degli antichi monumenti della città, considerati patrimonio dell’umanità dall’Unesco; ed è anche uno dei finalisti per le sette meraviglie del mondo moderno. Kiyomizu-dera è stato fondato all’inizio del periodo Heian. La costruzione è iniziata nel 798, ma l’edificio attuale, costruito durante la restaurazione ordinata da Tokugawa Iemitsu, risale al 1633. Per la sua costruzione non è stato usato un singolo chiodo. Il nome deriva dalla cascata presente all’interno del complesso, che scorre dalla colline vicine. Kiyomizu significa “acqua pulita”, o “acqua pura”.
Ci dirigiamo a Sanjo, quartiere commerciale di Kyoto e nella via accanto a negozi ed elettronica ecco spuntare il tempio di Honnoji, dove il 21 giugno 1582 daimyo giapponese Oda Nobunaga si è suicidato per mano di Akechi Mitsuhide. Da qui il nome di incidente di Honnōji. Con la morte di Nobunaga è morto anche il suo sogno di unificare il Giappone e tenerlo sotto il suo controllo.
Il Parco Imperiale di Kyoto (Kyoto Imperial Park o anche Kyoto Gyoen) è una vasta area nella zona centrale della città, al cui interno si trovano principalmente due importanti costruzioni, il Kyoto Imperial Palace e il Sento Imperial Palace. Intorno a queste costruzioni, il cui ingresso è molto limitato (, si estende un grande parco ad ingresso libero, che diventa molto popolare in primavera quando sbocciano i tanti alberi di prugno e di ciliegio e non solo. Nella parte sud del parco si trova una zona molto particolare, con un piccolo laghetto, attorno al quale si trova un piccolo santuario shintoista, l’Itsukushima Jinja, e un’ antica tea-house (Shu Sui Tei). Un altro piccolo laghetto (Konoe pond), circondato da alberi di ciliegio, si trova invece nell’estremità nord del parco.
Sparsi per il parco ci sono altri due piccoli santuari shintoisti, il Munakata Jinja nella parte sud vicino l’Itsukushima, e il Shirakumo Jinja nella parte centrale. Nell’angolo sud-ovest del parco si trova anche il Kaninnomiya Mansion (orario di apertura 9-16, chiuso i lunedì), un’antica residenza nobiliare della famiglia Fujiwara, visitabile gratuitamente. Edifici che abbiamo trovato chiusi. Così come il castello Nijō, un complesso fortificato di Nakagyō-ku, , costruito a partire dal 1601 per volere di Tokugawa Ieyasu (1543-1613), primo shōgun del periodo Edo e sotto la supervisione dell’architetto Itakura Katsushige e completato nel 1626 da Tokugawa Iemitsu. Simbolo del potere e della ricchezza dello shōgunato di Edo, è stato residenza degli shōgun per quasi 270 anni, ovvero fino al 1867, anno in cui proprio qui l’ultimo shōgun Tokugawa si è dimesso dalla propria carica al cospetto dell’imperatore Meiji ed è poi stato usato come residenza imperiale. Come altri edifici di Kyōto, è annoverato nella lista dei patrimoni dell’umanità stilata dall’Unesco.
Il nostro viaggio si è concluso davanti il castello, con il sole quasi tramontato a fare da sfondo a una vacanza fatta di cultura, tradizione e ignoranza.
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