Alla scoperta delle grotte rupestri di Casabona

È ordinato su terrazze parallele che si espandono su tutti e due i crinali di Valle Cupa, ed ogni terrazza sfocia in un unica via di fondovalle. È il più antico insediamento rupestre della Calabria, quello che si trova a Casabona.

L’insediamento umano non è stato dimora per la gente povera, ma una scelta cosciente dettata dalla necessità del vivere nelle grotte in un periodo che va dall’età del bronzo all’epoca dei bizantini. Si tratta quindi di una vera e propria civiltà rupestre.

Sul crinale sinistro di Vallecupa sono sovrapposte ben otto terrazze parallele, ognuna contenente decine di grotte, molte delle quali presentano le caratteristiche tipiche dell’abitazione troglodita: la parte più interna é divisa in due da una parete incisa nella stessa roccia, la parte più piccola fungeva da vano letto, la grande da cucina-soggiorno Alla base spesso si aprono piccole nicchie per conservarvi orcioli di vino, di acqua, miele, cereali. I fori in basso servivano per sistemare lettiere, quelli in alto per ripiani di canne per contenere alimenti. Questa tipologia é uguale per tutti gli insediamenti rupestri, in tutti i paesi che si affacciano nel Mediterraneo, come se tutti siano state costruiti da un unico popolo. Molte grotte sono ancora adibite a frantoi vinari o aie per i contadini che fanno vivere nelle strutture galline e oche.

Fino agli anni 40 quasi tutte erano utilizzate dagli abitanti del luogo che le fittavano dal Comune. Così nel 1937 il comune ne ha affittate  circa 460; nel 1947 per una grotta grande il fitto era di 60 lire, per una media 40, per una piccola 20.

Oggi il piccolo centro della provincia di Crotone con le sue 3000 anime, si configura come il villaggio preistorico più popoloso dell’antica Calabria. Se si escludono le grotte scavate di recente, le altre hanno le caratteristiche tipiche delle grotte neolitiche, mentre numerose sono state inghiottire dalla moderna urbanizzazione, altre ritoccate, ingrandite. Dal numero di quelle arcaiche gli studiosi pensano che l’insediamento dovesse contenere, approssimativamente, almeno 200 fuochi (una enormità per il Neolitico).

Secondo studi recenti, gli abitanti delle grotte erano dediti a un’economia piuttosto pastorale che agricola, quindi seminomade, come è considerata per esempio dai Materani la civiltà neolitica dei Sassi.  Il villaggio si distribuisce sui due versanti della forra di Vallecupa.

Lungo il versante sinistro della valle, al di sotto dell’attuale abitato, il Casu Bonum delle fonti medievali, si distende il nucleo maggiore, distribuito a scacchiera su ben sette terrazze parallele degradanti a spirale, ad andamento sinuoso confluenti verso l’unico asse viario di fondovalle, come ancora appare, su ognuna delle quali si dispongono, lungo piste naturali decine di grotte scavate nell’arenaria.  Molte delle unità rupestri presentano le caratteristiche tipiche dell’abitazione e l’utilizzo di elementi in muratura, articolate in uno o più vani. In quest’ultimo caso la parte più interna risulta divisa in due ambienti da un setto ricavato nella stessa roccia.

Alla base dei vani spesso si aprono piccole nicchie per la conservazione dei prodotti. Gli ambienti si caratterizzano per la presenza di numerosi fori funzionali all’alloggiamento di pali lignei: pertugi sulla parte bassa indicano la presenza di lettiere sulle quali si posizionava il materasso, altri fori, posti più in alto, costituiscono innesto per ripiani e mensole. Alcune abitazioni sono fornite anche di focolare, né mancano locali adibiti ad attività di trasformazione dei prodotti della terra, quali vasche di palmenti per la realizzazione del vino: quest’ultimo ambiente è parte di un’unità tricellulare organizzata intorno ad un atrio centrale.

All’interno di alcune grotte si rinvengono nicchie archiacute, elemento che sembra poter indicare una cronologia tardo medievale. La dimora rupestre spazialmente più complessa di Casabona si articola in un corridoio lungo il quale si accede da un lato e dall’altro a 4 vani scavati nella roccia. Il complesso conserva le tracce di un efficace sistema di canalizzazioni esterne ricavate nella roccia funzionale al deflusso delle acque. La lunga durata di attività dell’insediamento antropico a Vallecupa è testimoniata dalla circostanza che ancora negli anni 40 quasi tutte le unità rupestri, circa 450, erano utilizzate dagli abitanti del luogo che le detenevano in fitto dall’ente comunale. Che sia stata in epoca successiva al Neolitico l’antica Cone o l’antica Pandosia, o abbia avuto altro nome non cambia l’importanza della sua presenza nella preistoria calabra.

Oggi queste grotte sono abbandonate, mostrano i segni del loro passato utilizzo e sono spesso diventate luogo di abbandono di rifiuti. Non è difficile trovare all’interno delle antiche case rifiuti di ogni genere che finiscono per far diventare questo insediamento una discarica a cielo aperto.

Nel versante opposto numerose grotte servono ancora  da ricovero per gli animali, come conferma la presenza delle mangiatoie e delle vasche per l’abbeverata: stazzi per gli ovini, porcilaie, ricovero per cavalli e muli da lavoro, colombari per i piccioni, stie per l’allevamento di animali da cortile. La maggioranza delle grotte sono adoperate come magazzini di attrezzi e fondaci. Lo è in modo ancora evidente per quelle chiuse ma anche per quelle che hanno ospitato piccoli laboratori di trasformazione degli alimenti (olio, vino, caseificazione).

L’osservazione dell’insediamento permette di cogliere la singolare simbiosi tra il borgo ‘costruito’ in alto e le cavità ‘scavate’ in basso. Si può intuire che la funzione delle grotte rispetto alle case sovrastanti corrisponda alla moderna concezione delle cantine e dei ‘bassi’ rispetto agli appartamenti dei condomini e alle abitazioni. Potrebbe confermarlo la circostanza che ancora fino alla metà del Novecento, le oltre quattrocento unità rupestri erano utilizzate dagli abitanti di Casabona sulla base di contratti di locazione stipulati con il Comune.

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