Il mondo sotterraneo di Verzino, tra insediamenti rupestri e Grave

C’è un mondo sotterraneo a Verzino, in provincia di Crotone. Qui tra la valle del Marchesato e l’alta Sila, si trova un insediamento rupestre abitato da civiltà preistoriche, paleolitica prima e neolitica poi che, resistendo da millenni, è fatto di grotte alte fino quattro metri e larghe fino a sette metri.

Una sorta di agglomerato urbano che sarebbe stato costruito dallo stesso popolo, in tutto il bacino del Mediterraneo, come dimostrano le analogie degli insediamenti di Matera, Casabona, Massafra, Petilia e Zungri. C’è stata un’unica civiltà preistorica che per libera scelta ha deciso di utilizzare insediamenti ipogei come abitazione.

E qui, nella provincia di Crotone, gli studiosi sono riusciti a differenziare le diverse tipologie di habitat rupestre calabrese. Così da elencare diversi modelli di villaggi: si parte con i grandi casali rupestri di Casabona, Verzino, Caccuri e Zungri, per poi passare ai piccoli nuclei insediativi composti da poche unità come Melissa e Rocca di Neto, fino alle dimore rupestri isolate, assimilabili all’insediamento sparso, come l’abitazione di Belvedere Spinello.

Questi insediamenti, realizzati nella preistoria delle popolazioni autoctone, sono stati poi utilizzati intorno al 700 dopo Cristo, dai monaci basiliani. A seguito dell’editto dell’imperatore Leone III l’Isaurico, con il quale è stata abolita l’iconoclastia, i monaci di religione cattolica hanno utilizzato le grotte per nascondersi dalle persecuzioni. È probabile che un gruppo sia rimasto nella zona dove ha iniziato a coltivare la terra, introducendo nuove piante.

Con il passare del tempo le grotte sono diventate le abitazioni delle fasce più povere della popolazione. Le classi sociali meno abbienti, non potendosi permettere normali abitazioni, hanno iniziato a colonizzare le grotte rupestri, adibendole all’uso dell’epoca. Sulle pareti gli studiosi hanno infatti trovato fori che sono forse serviti per posizionare pali sui quali erano state messe delle mensole.

Oggi, questi insediamenti continuano a essere oggetto di studio da parte degli scienziati, come testimonia la  campagna esplorativa durata mesi e condotta da gruppi speleologici calabresi, pugliesi e siciliani. La ricerca ha reso possibile il congiungimento delle tre grotte di Verzino. Si parla dunque di oltre 5000 metri topografati che permettono non solo di conoscere e far conoscere il Complesso Le Grave, ma soprattutto lo rendono il complesso di grotte più lunghe del Meridione e la seconda più lunga d’Italia.

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