Hanno ispirato artisti e scrittori le fonti del Clitunno. Virgilio ha inserito un passo nelle Georgiche, Plinio il Giovane ha citato questo luogo incantato in una lettera a un amico, Corot e George Byron ne hanno cantato la bellezza e Giosuè Carducci ha intitolato alla fonte una sua ode Alle Fonti del Clitunno.
Ancora oggi il parco che si estende per 10mila metri quadrati richiama ogni anno decine di turisti e visitatori. Non solo per la pace che si “respira” al suo interno, ma anche per la bellezza del luogo in cui convivono pacificamente nasturzi acquatici, nontiscordardimé della palude, cigni e anatre, mentre la miriade di colori dei salici e dei pioppi cipressini si riflettono nel limpido specchio d’acqua.
Così lungo la via Flaminia fra Spoleto e Foligno, nel comune di Campello sul Clitunno, si trova questo luogo un tempo sacro agli dei. Perché qui i Romani venivano a consultare l’oracolo del dio Clitunno e qui facevano sacrifici e riti “religiosi”, come testimonia la presenza più a valle del Tempietto di Clitunno (poi trasformato in una chiesetta paleocristiana dedicata a san Salvatore che conserva antichi affreschi) e oggi patrimonio dell’Unesco.
Le Fonti sono alimentate da sorgenti sotterranee che sgorgano da fenditure nella roccia che con la loro copiosità anticamente formavano un fiume navigabile fino a Roma. Oggi non è più così, secondo alcuni studiosi la portata è cambiata dopo il grande terremoto di Costantinopoli del 446, mentre secondo altri la trasformazione è dovuta alle scossa de L’Aquila del 1703. L’unico dato certo è che le fonti hanno assunto l’aspetto attuale a metà dell’Ottocento a seguito dell’intervento di Paolo Campello della Spina.
Un pensiero su “Chiare, fresche e dolci acque: le fonti del Clitunno”